La maledizione del 27 colpisce ancora. Dopo nove anni dalla morte di Amy Winehouse, si pensava che il Club 27 avesse falciato abbastanza vittime e invece non è così… Lo scorso 7 gennaio, infatti, Harry Hains, star di American Horror Story, è morto all’età di 27 anni. Pare che l’attore, anche cantante, lottasse contro la malattia mentale e una serie di dipendenze, ma, la forza di volontà non è bastata a strapparlo al suo tragico destino. Quanto basta per far venire la pelle d’oca a chi pensa che intorno a questo numero si muova qualcosa di oscuro…
Ventisette. Una parola, dieci lettere. Apparentemente un semplice numero, che però sembra nascondere un inquietante mistero. Quando nel 1994 Kurt Cobain morì, gli appassionati del genere iniziarono a parlare di Club27 e collegarono la scomparsa del frontman dei Nirvana a quella di Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison. Tutti tragicamente morti a 27 anni. In molti ricordano, infatti, il maglione di Cobain e, altrettanti ricordano la sua performance agli MTV Unplugged, esattamente sette mesi prima di morire.
Le immagini di quel live sono indelebili e ricordano vagamente quelle di una veglia funebre. I fiori, le candele, l’atmosfera. I presenti non avrebbero potuto immaginare che dopo quel concerto, realizzato interamente in acustico, una delle icone della musica rock-punk-grunge avrebbe potuto togliersi la vita, sparandosi un colpo di fucile. Era il 5 aprile 1994. E lui aveva solo 27 anni. Sorte analoga per i suoi predecessori che nell’arco di due anni morirono in circostanze misteriose. La serie di tragici decessi iniziò infatti con Brian Jones, il fondatore dei Rolling Stones.
Il 3 luglio 1969 fu trovato morto annegato nella sua piscina in seguito ad un mix letale di alcol e droga. In tanti, però, misero in dubbio che fosse proprio quella la causa della sua morte, dubbi che vennero anche agli stessi Rolling Stones… Il suo genio profetico capace di avvicinare le sonorità del blues a quelle del rock, realizzando un connubio perfetto, non riuscì quindi a resistere a quel destino beffardo, che lo strappò alla vita e alla musica a soli 27 anni. Gli anni ’70, insomma, furono un momento storico molto particolare per il rock, perché nel giro di pochi mesi altri tre artisti visionari morirono. Tutti, neanche a dirlo, avevano proprio 27 anni. Hendrix e Janis, infatti, morirono un anno dopo aver suonato a Woodstock. Pantaloni a zampa blu, camicia bianca, bandana rossa e chitarra. Ogni volta che pensiamo a Hendrix lo immaginiamo esattamente così, come salì su quel palco davanti a 40mila persone.
Qui, per la prima e ultima volta, suonò live “Gypsy Woman e Aware Of Love“, con solo 5 corde. A forza di sollevare il MI cantino infatti si spezzò! Ma che cosa accadde poi? Perché morì? Un tragico scherzo del destino? Le versioni ufficiali non convincono. Il 18 luglio del 1970, il 911 ricevette una telefonata. Dall’altro capo del telefono c’era Monika Dannerman, ultima fiamma di Jimi. La corsa in ospedale fu inutile perché arrivò esanime. Hendrix morì soffocato per inalazione del proprio vomito provocatogli da barbiturici. In molti, però, stentano ancora oggi a crederci. Forse proprio per il tipo di morte ingloriosa, che poco si addice a un’icona del suo calibro.
Meno di un mese dopo morì anche Janis Joplin, un’anima fragile dalla voce graffiante.
La sera del 3 ottobre del 1970 si spense in una stanza d’albergo a Hollywood dopo l’ultima sessione di registrazione. È facile immaginarsela triste e sola, come canta in “A woman left lonely”, quando all’una di notte tirò fuori il suo kit da eroina per iniettarsela nel braccio sinistro. Una volta sistemata la siringa si diresse verso il rivenditore di sigarette dell’albergo e, una volta comprate, ritornò in camera. Chiusa la porta, si spogliò e cercò di appoggiare il pacchetto sul comodino. Tutto accadde in una manciata di secondi: scivolò a terra, colpì il tavolo con il volto e ricadde sul pavimento. Ed è proprio lì che fu trovata esanime il giorno successivo.
Non ultimo, anche Jim Morrison aveva solo 27 anni quando fu trovato morto a Parigi in seguito ad un arresto cardiaco. Voleva allontanarsi dalla musica e dedicarsi alla poesia. In uno degli ultimi concerti con i The Doors, il 12 novembre 1970 a New Orleans, i presenti lo vedono barcollare.
Era strafatto, non riusciva proprio stare in piedi e fece buona parte del concerto sdraiato a terra, come raccontano diverse testimonianze. Aveva fatto musica per tutta la vita e ora voleva liberarsene: era diventata come una sorta di condanna! Dopo la sua morte le luci sulla maledizione del 27 si spensero, ma ritornarono prepotentemente alla ribalta con la morte di Amy Winehouse. Il 3 luglio del 2011, il Club27 fece una nuova tessera. Toccava a lei, come Morrison e gli illustri che l’avevano preceduta: aveva solo 27 anni e, come Jim, veniva da un concerto “flop”.
A Belgrado, infatti, era stata fischiata dai fan perché non riusciva a cantare tanto alto era il tasso di alcol e droga nel sangue. Amy è quindi morta così: guardando sé stessa e bevendo alcolici. Un mistero che, ad oggi, resta ancora aperto. Ma allora cosa si nasconde davvero dietro a quel numero che terrorizza i musicisti di tutto il mondo?
Forse, questa volta, però, la Pagina Mancante di questa storia va ricercata dentro una semplice verità: tra le pieghe dello stile di vita “atipico” di questi geniali artisti, tanto talentuosi, quanto complicati nella loro articolata psicologia. Esseri umani con un livello di sensibilità sopra la media, resi fragili dagli eventi e del business che li trasformò di fatto in leggende. Idoli venerati dalle folle, alle prese con i feroci demoni del successo, capaci di invadere le loro vite da sogno, contornate di privilegi esclusivi quanto pericolosi.
Certamente più romantica – è vero – l’idea di una sorta di maledizione o di un oscuro complotto. Un velo misterioso, che, però, aiuta a rendere giustizia proprio al mito dei ragazzi del Club27, alla loro musica unica, alle meravigliose parole che hanno scritto. Ma soprattutto a loro che, a prescindere dal finale, hanno regalato al mondo emozioni indimenticabili.
In collaborazione con Nausica Samela
La redazione della Pagina Mancante
Matteo Cappella
@mrcape1
Alessandro Cracco
@alessandrcracco